Partiranno

Facebook
Twitter
LinkedIn

Luce d’Eramo ci racconta alcune delle avventure che su questo pianeta sono capitate ai Nnoberavezi, abitanti di un’altra galassia, venuti sulla terra per una spedizione scientifica. Partendo dalla caccia (piena di episodi sia divertenti che drammatici) che i servizi segreti di tutto il mondo danno agli extraterrestri, l’autrice arriva a farci conoscere il modo di essere, di comportarsi dei Nnoberavezi e ci fa intravedere la vita sul loro pianeta.

La conoscenza di questo mondo alieno non avviene all’improvviso nel romanzo, al contrario il lettore ci si familiarizza gradualmente. L’autrice non descrive quasi mai direttamente questo universo fantastico: i Nnoberavezi abitano in casa di una zoologa di fama internazionale, Paola Rodi, sorella di un medico, cognata di una fisiologa. E attraverso i diari di Paola Rodi, le discussioni in famiglia veniamo a conoscere in maniera dettagliata, quasi scientifica, la biologia e l’ecologia di Nnoberavez. A volte in queste carte troviamo il tono tipico dell’uomo di scienza che di fronte ad un fatto scolvogente e tuttavia incontestabile, si sforza di avere un atteggiamento ragionativo, descrive il fatto, propone un’interpretazione, lo inquadra in un contesto più generale e lo collega alla sua esperienza passata, svolge paragoni ponderati fra la terra e Nnoberavez. In altri termini vediamo inizialmente come gli umani vedono i Nnoberavezi e ciò facilita il nostro contatto con gli extraterrestri. Inoltre le descrizioni degli eventi, delle situazioni più fantastiche hanno sempre un’aria concreta; quest’effetto realistico è dovuto a vari fattori; esaminiamoli uno dopo l’altro.

In questo romanzo è che la fantasia non è mai arbitraria, ma si muove sempre in modo non porsi mai in contrasto con le nostre conoscenze scientifiche. Dato l’argomento, sarebbe stato possibile per l’autrice inventarsi un mondo completamente immaginario, sconnesso dalla realtà. La d’Eramo invece si è assunta il limite di escogitare soluzioni che abbiano le carte in regola con quanto la scienza ci dice sulla struttura dell’universo, in maniera tale che le scolvolgenti novità sulla fisica, sulla biologia extraterrestre che il lettore apprende partono da qualcosa a lui familiare: il nuovo, l’inaspettato si fonde col già noto per formare un amalgama facilmente assimilabile. Si noti che fare un’opera creativa, inventare qualcosa di completamente alieno rispetto al nostro mondo, senza scavalcare i limiti delle nostre conoscenze, senza ricorrere a facili scorciatoie, è un’operazione estremamente difficile, che richiede una fantasia molto maggiore, una grande forza d’immaginazione oltre ad una straordinaria preparazione teorica, scientifica e non più solo umanistica.

Consideriamo per esempio il caso dei viaggi spaziali: qui l’impossibilità di andare più veloci della luce sembrerebbe impedirli; questa difficoltà viene qui risolta ingegnosamente supponendo che lo spazio abbia curvature non direttamente osservabili, cosicché due regioni apparentemente distanti dello spazio possono venire a trovarsi vicinissime. Come ci spiega Soññolo (il primo Nnoberaveze che incontriamo nel romanzo): “E quando nell’interrotto drappeggiarsi e dispiegarsi dello spazio, un’area lontana viene mobilmente affiancata per esempio dal vostro sistena solare, voi, coi vostri strumenti, seguitate sempre a vederla alla stessa distanza.

Noi Nnoberavezi invece misuriamo proprio le turbolenze del vuoto. Sappiamo calcolare quando due aree spaziali si sfiorano e quando sfuggono lontane. Abbiamo una conoscenza dei movimenti dello spazio che voi non avete e la usiamo.”

L’effetto di realismo è anche dovuto al fatto che la costruzione fantastica di questo mondo è da un lato estremamente complessa, dettagliata e dall’altro ha una sua unità, una sua coerenza interna: andando avanti nel libro il lettore ha l’impressione di vedere diverse fotografie, diversi approfondimenti dello stesso paesaggio. Questo risultato è dovuto anche all’attenzione dell’autrice all’interazione fra le diverse strutture e i diversi piani della realtà.

Per esempio risulta evidente come le condizioni materiali del pianeta condizionano il tipo di vita, di ecosistema, che si sviluppano su Nnoberavez, la civiltà (che non è tecnologica come la nostra), il modo di pensare e di affrontare la vita. Nessuna delle differenze rispetto alla terra è priva di conseguenze: “Se il loro pianeta è veramente enorme e ruota lentamente , è facile che l’atmosfera non si muova. Ma ciò significa che niente di niente gli trasporta i microorganismi, le spore. Perciò, anche per le forme di vita di quel pianeta, non esiste nessuna necessità di adattamento a ambienti differenti”.

Verrebbe quasi da pensare che prima di procedere alla stesura del libro, l’autrice si sia immaginata la conformazione e la psicologia dei Nnoberavezi e poi piano piano, a forza di riflettere, abbia ricostruito il mondo da cui provenivano.

Nell’approfondire la conoscenza dei Nnoberavezi, abbiamo di riflesso un immagine nuova, diversa dal solito, dell’uomo, delle sue relazioni con la natura. Le categorie mentali umane non sono più universali, ma determinate storicamente, geneticamente ed anche dalla struttura chimico-fisica di questo pianeta. Ma è proprio la loro invidualità ed unicità a renderle interessanti su scala galattica. Per esempio a Soññolo “piace accumulare reperti. Forse non sono quelli che un umano troverebbe più significativi. Per esempio, un barattoletto di materia plastica vuoto con la scritta: 133 – super moisturising cream – lot 23623, utilize before 09/65; 4 o 5 bottigliette di vetro ricuperate dal secchio dell’immondizia, una di birra, una di coco-cola, una di vino ecc. ”

L’uomo non emerge come l’unico essere vivente su questo pianeta, ma risulta veramente solo la punta più avanzata di un processo evolutivo che coinvolge tutte le specie viventi. Da un lato gli extraterrestri si interessano a tutte le specie del pianeta, dall’altro lato il mestiere di una dei principali personaggi umani del romanzo, Paola Rodi, zoologa, fa sì che entri naturalmente nel discorso il comportamento dei più svariati animali, dall’occhione ai salmoni, e che per un momento venga in primo piano il dramma di altri esseri viventi accanto a noi, perfino l’angoscia delle rane.

La concezione del mondo che sta dietro questo romanzo è finalmente quella adeguata a i nostri giorni: da quando abbiamo visto il sorgere della terra sulla luna, abbiamo raggiunto l’evidenza sensoriale diretta di quello che avremmo in teoria dovuto già sapere: siamo su un piccolo pianeta, a risorse limitate, quasi come una gigantesca astronave che viaggia nello spazio. La vita sulla terra è un complesso sistema interconnesso, in cui l’uomo non è più un parametro assoluto, ma che deve tenere conto delle altre specie viventi, se non vuole rischiare l’estinzione lui stesso, o rischiare di sopravvivere su un pianeta con soli animali da macello. Potremmo dire che Partiranno è il primo romanzo dell’era spaziale, non perché parla anche di viaggi spaziali, ma perchè è il primo ad essere impregnato di questa consapevolzza del nostro accanirci ad esistere, sospesi al margine di una galassia, tra migliaia di galassie che ruotano nel vuoto.