La parola complesso scivola tra le mani di chi cerca di darne una definizione precisa. A volte si sottolinea il significato complicato, composto da molti elementi (una centrale nucleare è un sistema complesso, in quanto composto da centomila pezzi differenti), altre volte si sottolinea il significato incomprensibile (l’atmosfera è un sistema complesso, in quanto non si possono fare previsioni a lunga scadenza). Molto spesso in un congresso sui sistemi complessi ciascuno degli oratori usa la parola complesso con un accentuazione differente.
Lo scopo di una teoria dei sistemi complessi è di cercare delle leggi che regolano il comportamento globale di detti sistemi, leggi fenomenologiche che non sono facilmente deducibili dall’analisi delle leggi che controllano ciascuno dei singoli costituenti. Facciamo un esempio evidente: il comportamento dei singoli neuroni è probabilmente ben compreso, ma non ci è affatto chiaro perché 10 miliardi di neuroni, collegati da centomila miliardi di sinapsi, formino un cervello che pensa. L’emergenza di comportamenti collettivi è un fenomeno ben studiato dalla fisica in altri contesti: la cooperazione di tanti atomi e molecole è responsabile delle transizioni di fase (tipo acqua-ghiaccio o acqua-vapore); tuttavia nel caso dei sistemi complessi il comportamento globale del sistema non è così semplice come quello dell’acqua, che ad una data temperatura può stare in uno, o al massimo due stati (se si trascura il punto tricritico dove vapore, liquido e gas coesistono). La maggior parte dei sistemi studiati nel passato dai fisici avevano dei comportamenti semplici, come l’acqua, e non potevano essere considerati complessi.
In questi ultimi anni i fisici, allo scopo di capire il comportamento di alcuni sistemi disordinati, come per esempio i vetri di spin, (leghe di oro e ferro che hanno un comportamento magnetico anomalo a basse temperature), hanno incominciato a ottenere alcuni risultati sulle proprietà di sistemi relativamente semplici, ma che hanno un comportamento complesso. I risultati ottenuti durante queste ricerche sono di carattere più generale di quello che si potrebbe credere considerando la loro origine vagamente esoterica e sono correntemente applicate nello studio delle reti neurali.
Una comprensione profonda del comportamento dei sistemi complessi sarebbe estremamente importante. In questi ultimi anni l’attenzione si è concentrata su sistemi composti da un gran numero di elementi di tipo diverso che interagiscono fra di loro secondo leggi più o meno complicate in cui sono presenti un grande numero di circuiti di controreazione, che stabilizzano il comportamento collettivo In questi casi, un punto di vista riduzionista tradizionale sembrerebbe non portare da nessuna parte. Un punto di vista globale, in cui si trascuri la natura delle interazioni fra i costituenti, sembra essere anch’esso inutile in quanto la natura dei costituenti è cruciale per determinare il comportamento globale.
La teoria dei sistemi complessi, che si vorrebbe costruire, ha un punto di vista intermedio: si parte sempre dal comportamento dei singoli costituenti, come in un approccio riduzionista, ma con in più l’idea che i dettagli minuti delle proprietà dei componenti sono irrilevanti e che il comportamento collettivo non cambia se si cambiano di poco le leggi che regolano la condotta dei componenti. L’ideale sarebbe di classificare i tipi di comportamenti collettivi e di far vedere come al cambiare delle componenti un sistema rientri in questa classificazione. In altri termini i comportamenti collettivi dovrebbero essere strutturalmente stabili (nel senso di Thom) e quindi suscettibili di classificazione, ahimè ben più complicata di quella fatta in Stabilità strutturale e morfogenesi .
Nel caso dei sistemi disordinati lo studio teorico non viene fatto su un singolo sistema, ma viene considerata simultaneamente una classe di sistemi, che differiscono gli uni dagli altri per una componente casuale. Il modo di procedere può essere compreso più facilmente se facciamo un esempio concreto. In una stanza ci sono tante persone che si conoscono e che hanno dei rapporti di simpatia o di antipatia fra di loro. Supponiamo di dividerle a caso in due gruppi e successivamente di domandare a ciascuna delle persone se vuole passare da un gruppo all’altro (la persona risponderà di sì seguendo le proprie inclinazioni); in caso di risposta positiva la persona cambia gruppo immediatamente. Dopo un primo giro, non tutti sono ancora soddisfatti: qualcuno che era cambiato di posto (o che non era cambiato al primo giro), vuole riconsiderare la propria situazione dopo i cambiamenti degli altri. Si effettua un secondo giro di spostamenti e si va avanti così finché non ci sono più richieste da parte di singoli. Successivamente, a uno stadio successivo, possiamo provare a spostare non solo i singoli, ma anche gruppi di persone, (può capitare infatti che un cambiamento di gruppo sia vantaggioso solo se fatto in compagnia), finché non si raggiunge uno stato di soddisfazione generale.
Ovviamente la configurazione finale dipenderà dai rapporti fra le varie persone e dalla configurazione iniziale e quindi non è direttamente calcolabile in assenza di queste informazioni. Possiamo tuttavia pensare di calcolare approssimativamente delle proprietà generali di questa dinamica (per esempio quanti giri bisogna fare prima che tutti siano contenti) facendo l’ipotesi che la distribuzione delle amicizie e inimicizie sia casuale. Le previsioni che saranno puramente di natura probabilistica e diventeranno sempre più precise (ovvero con un errore relativo sempre più piccolo), più il sistema diventa grande ed il numero di componenti tende ad infinito.
In questo contesto la probabilità è utilizzata in maniera differente da quella a cui siamo abituati. Mentre classicamente si suppone che il sistema si evolve con una dinamica talmente complicata per cui si può assumere che le sue configurazioni siano del tutto casuali (si pensi ad una moneta che viene lanciata) nel caso che consideriamo le leggi stesse che governano la dinamica del sistema sono scelte a caso prima di incominciare a studiare la dinamica.
Il sistema che abbiamo precedentemente descritto corrisponde puntualmente ai vetri di spin dei fisici nel senso che se sostituiamo le parole simpatico ed antipatico con ferromagnetico e antiferromagnetico ed identifichiamo i due gruppi con spin orientati in direzioni differenti otteniamo una descrizione precisa dei vetri di spin.
La caratteristica forse più interessante di questi sistemi è costituita dall’esistenza di un gran numero di stati di equilibrio differenti (se spostiamo una sola persona alla volta) e dalla grande difficoltà a trovare la configurazione ottimale, rispetto ad un cambiamento di un numero arbitrariamente alto di persone.
La presenza di un gran numero di diversi stati di equilibrio può essere considerata forse come una delle caratteristiche più tipiche di sistemi complessi: ciò che non si modifica col tempo non è complesso mentre un sistema che può assumere molte forme diverse è certamente complesso. La scoperta inattesa fatta in quest’ultimo decennio è che la complessità emerge naturalmente dal disordine delle leggi del moto. Per ottenere un sistema complesso non dobbiamo sforzarci a scegliere delle leggi molto particolari: basta sceglierle a caso, tuttavia con delle distribuzioni di probabilità ben determinate. Questo risultato ha aperto la nuova prospettiva nello studio dei sistemi complessi di cui parlavamo prima. Si tratta di un campo nuovo ad affascinante, in cui i risultati vengono ottenuti molto lentamente anche a causa della novità della problematica e della necessità di utilizzare strumenti matematici nuovi rispetto a quelli a cui siamo abituati: basti dire che la teorie delle repliche, mediante la quale sono stati ottenuti i risultati più interessanti, non ha al momento attuale nessuna giustificazione rigorosa dal punto di vista matematico.