ROMA. La matematica, in realtà, Giorgio Parisi non l’ha trovata a scuola ma dentro di sé. Il grande fisico teorico, che insegna alla Sapienza di Roma ed è accademico dei Lincei, ha fatto lo scientifico. “Ma era una pessima scuola, in particolare per matematica e fisica”.
Come è nata allora la passione?
“Leggevo molti libri di divulgazione. Andavo in biblioteca, mi piaceva informarmi. Ricordo una storia della matematica che mi colpì. E fare divulgazione, per quella materia, non è banale. Ci sono concetti astratti, dimostrazioni di teoremi”.
Dalla scuola non arrivò proprio niente?
“Anche della fisica ho un ricordo scialbo. Gli insegnanti di chimica e delle materie umanistiche invece non erano male”.
Perché scelse lo scientifico?
“Mio padre mi vedeva ingegnere e non ci fu nemmeno una vera discussione in famiglia. La scelta avvenne de plano. Ma dopo la maturità scelsi io: fisica”.
E i suoi figli?
“Lei classico, lui uno scientifico senza latino”.
Con il beneplacito del padre?
“Sì, penso che siano entrambe scelte valide. L’ideale sarebbe incrociare un liceo umanistico e una facoltà scientifica o viceversa. C’è da faticare un po’ di più all’inizio dell’università, ma così si ha l’opportunità di studiare al liceo argomenti che poi non si incontreranno più nel corso della vita”.
Fra i suoi studenti riconosce chi viene dallo scientifico?
“No, i miei esami sono al terzo anno, ogni differenza si è stemperata. Ma mio fratello, che insegna al primo anno di Medicina, ha incontrato una studentessa che veniva dal classico eppure non conosceva l’alfabeto greco”.