Negli ultimi siamo di fronte ad una inflazione nel numero di convegni, congressi, topical meeting, workshop, scuole specializzate. Personalmente, nei quasi venti anni in cui mi occupo di fisica, devo aver partecipato a più di una sessantina di queste riunioni ed essere stato invitato, senza potervi assistere, ad un numero paragonabile. Le caratteristiche di questi incontri sono molto varie: ad una estremità abbiamo i piccoli convegni nazionali, con una trentina di partecipanti, che durano uno o due giorni e sono spesso nobilitati dalla presenza di uno o due stranieri (come le squadre di calcio); all’altro estremo ci sono i grandi convegni internazionali, che si svolgono ogni due tre anni, alternativamente da questo o dall’altro lato dell’Atlantico, a cui partecipano mille-duemila persone, venute da tutto il mondo.
Questi maxiconvegni sono estremamente importanti in quanto rappresentano un punto di aggregazione fra persone che si occupano di sottocampi diversi della stessa disciplina; essi giocano un ruolo importante nella scelta delle strategie scientifiche in quanto forniscono ai singoli ricercatori un quadro globale della ricerca svolta ed una scala di valori per determinare quali sono stati i risultati più rilevanti degli ultimi anni. Congressi di questo tipo sono praticamente indispensabili per avere il polso della situazione.
Il numero di pubblicazioni su riviste specializzate che descrivono i risultati di ricerche originali è enorme: solo in fisica ogni anno supera supera le centomila. Anche limitandosi ad un solo campo della fisica, come potrebbe essere la meccanica statistica dei sistemi magnetici, si arriva sempre a qualche migliaio l’anno, e solo scegliendosi un settore estremamente specializzato il numero cala sulle qualche centinaia. Questa enorme produzione scientifica è dovuta al fatto che le persone che al momento attuale lavorano in istituzioni scientifiche sono più di quante complessivamente abbiano lavorato nel passato in tutta la storia dell’umanità. Il tempo necessario per leggere e capire a fondo un articolo è elevato (spesso sono scritti in uno stile non trasparente, con i passaggi cruciali saltati per brevità) ed è quindi estremente difficile seguire quello che avviene al di fuori del proprio campo se non per sentito dire. L’impossibilità di seguire questa l’enorme massa di risultati ottenuti porta probabilmente ad una iperspecializzazione ed a una frammentazione del sapere, che sono molto dannose, ma anche difficili ad evitare. I maxiconvegni in qualche modo nascono come rimedio a questo stato di cose, ma hanno lo svantaggio di uniformizzare su scala planetaria le scelte scientifiche.
Vista la delicatezza del compito, questi convegni sono spesso sotto l’egida di associazioni internazionali (per esempio l’associazione internazionale per la fisica matematica) che ha il ruolo di garante; l’organizzazione vera del convegno passa invece attraverso il comitato scientifico, internazionale, che decide i varii temi da affrontare e i nomi dei singoli oratori. La scelta del comitato internazionale è quindi cruciale e molto spesso avviene mediante coaptazione e rotazione a partire dal comitato precedente. I modi di selezione dei temi e degli oratori variano da convegno a convegno; in molti casi ciascuno dei membri (qualche decina) designa in una lettera al presidente del comitato i temi desiderati e gli oratori corripondenti; mettendo assieme i risultati si ottiene la lista finale. Tuttavia raramente si arriva ad una votazione vera e propria, e la presidenza del comitato scientifico valuta le opinioni espresse pesandole col prestigio dei membri e qualche rara volta avvengono vere battaglie.
Spesso, dopo aver deciso i temi, il convegno è spezzato in sezioni parallele e sezioni plenarie. Questo formato permette ai partecipanti di poter approfondire nelle sezioni parallele il loro argomento preferito, pur avendo, nel sezioni plenarie un quadro generale della situazione ed un’indicazione sulla direzione nella quale conviene indirizzare la ricerca nel futuro immediato.
I convegni più numerosi, a cui capita di assistere più frequentemente, sono degli incontri specializzati con un tema abbastanza ristretto, di qualche giorno di durata, a cui partecipano una cinquantina di persone, e, se il convegno è ben organizzato, si riesce a radunare un buona frazione degli esperti mondiali del campo. Questo tipo di convegno non ha sezioni parallele e viene lasciato del tempo libero per discussioni fra i partecipanti, che sono in fondo la cosa più interessante. La scelta degli oratori è meno cruciale in quanto spesso la metà circa dei partecipanti parla e l’invito a partecipare viene spesso mandato a una gran parte degli addetti ai lavori.
Convegni di questo genere (detti workshop in inglese) vengono organizzati da piccoli gruppi, e il problema più delicato consiste nel trovare i finanziamenti necessari: spese per le sale e per il personale della segreteria, per i manifesti e gli avvisi del convegno e per pagare alcuni, se non tutti gli oratori. Infatti, mentre il parlare ad un maxi convegno è talmente importante che gli oratori pensano loro a trovare i finanziamenti per il loro viaggio ed il loro soggiorno, in questo caso è necessario che l’organizzazione del convegno paghi le spese di viaggio di almeno gli oratori più importanti, che altrimenti rischierebbero di disertare il convegno.
A seconda dei casi la quantità di denaro necessaria può oscillare fra i dieci ed i quaranta milioni. Il trovare questa somma è il primo pensiero degli organizzatori: dato lo scarso numero di partecipanti non è facile trovarla presso gli enti locali, che sarebbero stati estremamente disponibile a versare cifre anche più elevate per un maxi convegno. In Europa l’Università e le varie istituzioni scientifiche sono abbastanza restie a finanziare direttamente l’organizzazione un grande numero di questi incontri su piccola scala (non hanno al contrario grosse difficoltà a rimborsare le spese per la partecipazione dei singoli ricercatori). Al contrario esiste presso la NATO una sezione scientifica che ha come scopo il finanziamento di questi convegni e una gran numero si svolge sotto l’egida della NATO: non ho i numeri esatti, ma credo che in tutte le discipline in Europa si aggiri su un migliaio scarso di convegni.
Chiedere i soldi ad un’organizzazione militare politica non mi ha fatto mai molto piacere, ma avendo deciso di organizzare insieme a degli amici francesi un piccolo convegno, ci siamo velocemente resi conto che l’unica soluzione possibile consisteva nel chiedere i soldi alla NATO. La pratica in questi casi comincia uno due anni prima: c’è stato un lungo scambio di lettere, abbiamo dovuto specificare in anticipo di un anno l’orario dettagliato del convegno indicando chi avrebbe parlato il lunedì mattina alle nove e chi il venerdì pomeriggio alle sei (ovviamente l’abbiamo inventato di sana pianta); la richiesta principale è stata di bilanciare gli inviti tra i paesi più importanti della NATO (all’inizio la maggior parte degli invitati era italiana o francese, con qualche americano, metre avevamo trascurato i tedeschi e gli inglesi) e ci è stato inoltre consigliato di allargare il comitato organizzatore includendo un americano.
Anche se finora l’atteggiamento della NATO sembra essere sostanzialmente corretto, non c’è nessun motivo perché l’Europa, per risparmiare un cifra ridicola (qualche decina di miliardi) debba dipendere da un’istutuzione a cui partecipano paesi d’oltre Atlantico per organizzare i propri convegni scientifici. Questa situazione è anomala in quanto il finanziamento dei convegni sembra essere la principale attività civile della NATO.