Maurizio Carucci giovedì 28 novembre 2019
A fine 2018 il numero di imprese nel settore era di 112.340 e 512.400 addetti. Al 30 settembre 2019, le start up innovative sono 10.610 per un totale di oltre 60mila occupati
I settori ad alta tecnologia svolgono un ruolo cruciale come motore della competitività del Paese, contribuiscono in modo decisivo alla spesa complessiva in R&S realizzata in Italia e hanno un impatto significativo dal punto di vista occupazionale, del valore aggiunto e dell’apporto alle esportazioni, rendendo possibile la diffusione e la generazione di processi e prodotti innovativi all’interno del sistema economico. È quanto emerge dal XVIII Forum del Comitato Leonardo, appuntamento che annualmente riunisce Istituzioni, imprenditori e rappresentanti del mondo finanziario per fare il punto su Made in Italy e prospettive di sviluppo per le nostre imprese, quest’anno dedicato al ruolo dell’alta tecnologia nella promozione della crescita economica italiana. Il settore dell’Informatica e Telecomunicazioni (Ict) in Italia continua a crescere, sia per numero di aziende, sia per occupati. A fine 2018 (Infocamere) il numero di imprese nel settore era di 112.340 contro le 107.900 del 2015, per una crescita media annua dell’1,4% (+1,6% nel 2018). Nello stesso periodo, gli addetti nel settore sono passati da poco più di 477.850 a più di 512.400, per una crescita media annua del 2,4% (+3,5% nel 2018). Al 30 settembre 2019 le start up innovative iscritte al Registro delle imprese erano 10.610 per un totale di oltre 60mila addetti. Per il 20% si tratta di realtà fondate da under 35 e rappresentano il 2,9 di tutte le società di capitali di recente costituzione nel Paese.
Al Forum, organizzato in collaborazione con Agenzia Ice, Confindustria e Leonardo, principale azienda industriale italiana nelle alte tecnologie leader nel settore AD&S, presso l’Accademia Nazionale dei Lincei, sono intervenuti la presidente del Comitato Leonardo Luisa Todini, il presidente di Leonardo Giovanni De Gennaro, il presidente dell’Agenzia Ice Carlo Ferro, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli e il sottosegretario per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale Manlio Di Stefano. Ha aperto il lavori il presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Giorgio Parisi. Alla tavola rotonda hanno preso parte i vertici di alcune delle principali aziende innovative del Paese: Silvia Candiani, ceo Microsoft Italia, Sergio Dompé, presidente Dompé Farmaceutici, Alessandro Profumo, ad Leonardo, Elisabetta Ripa, ad Open Fiber e Luca Tomassini, Presidente Vetrya.
Durante l’incontro il presidente del Centro Economia Digitale Rosario Cerra ha presentato la ricerca realizzata dal Centro Economia Digitale in collaborazione con Leonardo su “Il ruolo dell’innovazione e dell’alta tecnologia in Italia nel confronto con il contesto internazionale”.
«Nell’anno in cui si celebrano i 500 anni dalla morte del genio che ha ispirato il nome del nostro Comitato, abbiamo raccolto intorno a un tavolo industria, ricerca, Istituzioni, con l’obiettivo di condividere una riflessione sul ruolo e le potenzialità dell’alta tecnologia per la crescita del Paese, nello spirito collaborativo che caratterizza i nostri Forum – ha spiegato Luisa Todini, presidente del Comitato Leonardo -. La tecnologia e il digitale hanno trasformato profondamente i processi lavorativi e produttivi, creando nuove professionalità e modelli di business, cambiando il modo di interagire con clienti e consumatori. In Italia, seconda manifattura d’Europa, abbiamo raggiunto risultati importanti: siamo il terzo Paese per fatturato nella meccanica strumentale con oltre 49 miliardi di euro, sesto al mondo per numero di robot industriali, culla di oltre 10mila start up innovative e leader nel biotech della salute. Abbiamo però ancora un gap da colmare rispetto ad altri Paesi Europei e dobbiamo continuare a puntare su innovazione e tecnologia come leva di competitività, acceleratore di produttività e volano di internazionalizzazione: la capacità di innovare e di farlo in modo continuativo, infatti, è una delle chiavi per accrescere quote di mercato a livello globale. E’ fondamentale lavorare con velocità ed in chiave sistemica, per riuscire a tenere il passo con la trasformazione tecnologica in atto nell’industria mondiale».
«Tutto il piano Impresa 4.0 deve avere almeno una prospettiva triennale perché dobbiamo dare certezze a chi vuole investire sia dei nostri imprenditori che dall’estero vuole investire nel nostro Paese e questo è un obiettivo forte del nostro ministero che del governo tutto – ha sottolineato il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli -. Non fermiamoci solo alle grandi imprese: per le piccole e medie occorre mettere in campo una banca pubblica degli investimenti che garantisca un’erogazione del credito più
efficace allo scheletro industriale italiano, costituito in particolare da tante micro imprese. A loro dobbiamo guardare offrendo proposte, soluzioni, sostegno».
«La nostra sfida consiste nella capacità di coniugare innovazione e sostenibilità, profitto e solidarietà, competitività e centralità della persona. Se la nostra bussola sarà il valore centrale dell’individuo, la traiettoria delle nostre tecnologie sarà di certo migliore. La storia e il genio italiano sono il terreno più fecondo dove seminare il futuro», ha dichiarato Giovanni De Gennaro, presidente di Leonardo.
«Dobbiamo incentivare le nostre imprese a investire di più in ricerca e sviluppo perché l’innovazione è fondamentale per sostenere nel tempo l’eccellenza made in Italy sui mercati globali. – ha affermato Carlo Ferro, presidente di Agenzia Ice -. L’economia italiana vive per il 32% di export e sono convinto che innovazione e internazionalizzazione possano dar vita a un circolo virtuoso in cui la prima accresce l’eccellenza dell’offerta, la seconda accresce la dimensione di scala e questa arricchisce la capacità di finanziare nuova ricerca e generare nuova innovazione»
«Una delle principali sfide che abbiamo davanti è dimostrare che sostenibilità ambientale sociale ed economica possono e devono progredire di pari passo come aspetti complementari tra loro e non antitetici. Occorre produrre un salto culturale che ci aiuti a utilizzare il salto tecnologico per coniugare crescita e rispetto dell’ambiente senza farci imprigionare in gabbie ideologiche. Un nuovo umanesimo economico è possibile solo se sapremo muoverci all’interno di una cultura della complessità che si nutra di contaminazioni e condivisioni tra mondi diversi», ha commentato Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria.
Una prima evidenza che emerge dal rapporto è che in Italia il livello degli investimenti in R&S in rapporto al Pil, sia pubblici sia privati, si attesta ad un livello inferiore a quello della media UE28 (nel 2017 1,3% in Italia contro una media europea del 2,1%), soprattutto nel confronto con Francia (2,2%) e Germania (3%) nello stesso anno. Tra il 2008 e il 2017 si riscontra un tendenziale incremento degli investimenti in R&S, prevalentemente attribuibile al comparto privato, in Italia così come nella media UE28, a conferma di un trend generalizzato di debolezza degli investimenti pubblici. Anche per quanto riguarda i brevetti high-tech, il Rapporto rileva alcune debolezze strutturali del nostro Paese rispetto ai principali Paesi europei, mentre la produzione scientifica dei ricercatori italiani risulta invece in crescita negli ultimi anni, con un numero di pubblicazioni scientifiche per abitante ai livelli francesi e non troppo lontano da quelli tedeschi, nonostante la differenza nel numero di ricercatori impiegati.
L’analisi dell’innovazione nelle imprese italiane mostra una significativa correlazione tra l’introduzione di innovazioni tecnologiche e la dimensione di impresa: la percentuale di imprese che dichiarano di avere introdotto un’innovazione è sensibilmente inferiore tra le aziende di piccole dimensioni, rispetto a quelle medie e grandi: queste ultime mostrano percentuali di imprese innovative che raggiungono il 75% delle imprese totali in settori ad alta intensità innovativa della manifattura.
Germania e Francia, con un valore medio del peso delle esportazioni high-tech sul totale UE28 pari rispettivamente al 27,5% e al 17,8%, mostrano una capacità di esportare e di innovare sensibilmente superiore a quella rilevata in Italia, che registra invece un valore medio di tale quota pari al 5,1%. In Italia, tuttavia, l’esportazione di beni ad alta tecnologia, sia verso mercati Ue che extra UE, costituisce una quota non irrilevante del PIL del Paese. A prevalere, tra i beni ad alta tecnologia esportati dalle imprese italiane, sono i prodotti farmaceutici, l’elettronica, gli strumenti scientifici e i beni riconducibili all’industria aerospaziale.
Uno degli elementi principali evidenziati dal Rapporto è il ruolo dei settori high-tech come ‘vettori dell’innovazione’, in grado di generare e fornire al resto del sistema economico sia output che input innovativi. I settori relativi alla manifattura ad alta e medio-alta tecnologia, pur avendo un peso limitato sul totale dell’economia in termini di valore aggiunto e occupazione, contribuiscono, rispettivamente, per una quota che si attesta attorno al 17% e al 40% della spesa complessiva in R&S relativa al totale dei settori produttivi italiani. L’analisi della dinamica degli addetti impiegati in attività di R&S mostra come, nel periodo successivo alla crisi economica, si confermi una buona resilienza dei settori ad alta tecnologia, che si è poi tradotta nella capacità di alcune tra le imprese più innovative di sfruttare la crisi stessa, innescando processi virtuosi di ristrutturazione. Il Rapporto evidenzia come l’ampliamento del peso dei settori ad alta tecnologia e, più in generale, la maggiore diffusione di pratiche innovative all’interno delle imprese, possano svolgere un ruolo chiave affinché la trasformazione digitale in corso possa costituire una reale opportunità di crescita per il Paese.
Gli studi esaminati, volti a valutare l’impatto delle attività nel settore Aerospazio, Difesa e Sicurezza, concordano sul ruolo di rilievo nel contesto economico dell’industria high-tech e dei servizi caratterizzati da un elevato contenuto di conoscenza, rappresentando un elemento di traino per l’occupazione qualificata, la crescita economica e la produttività in settori fortemente strategici.
Lo studio, infine, delinea cinque direttrici di policy per accrescere il ruolo propulsivo dei settori ad alta tecnologia in termini di crescita e sviluppo del Paese. In primo luogo, l’adozione di un approccio sistemico alle politiche per la ricerca e l’innovazione, che attribuisca un ruolo fondamentale al settore pubblico nel migliorare la qualità sia degli elementi che costituiscono l’eco-sistema dell’innovazione sia delle interazioni e degli scambi di conoscenza tra gli stessi. In secondo luogo, la necessità di garantire al sistema innovativo flussi di investimenti “pazienti”, orientati al raggiungimento di obiettivi di medio-lungo periodo e in grado di generare quelle innovazioni radicali che consentono di migliorare la competitività tecnologica e le performance economiche. Terzo, l’adozione di politiche di tipo mission oriented che, in particolare, consentirebbero di affrontare le nuove sfide della società e raccogliere le opportunità relative alla trasformazione verde delle economie. Quarto, l’attuazione di strategie per massimizzare il ritorno dei programmi pubblici per la ricerca e l’innovazione evitando una eccessiva frammentazione delle risorse e, nel contempo, aumentando il ritorno derivante dalla partecipazione italiana ai programmi europei destinati al finanziamento della ricerca e dell’innovazione. Infine, il rapporto pone l’accento sul ruolo che l’Italia può avere nello sviluppo di un processo di convergenza che conduca alla creazione di una piattaforma industriale europea, in grado di rafforzare la competitività della componente ad alta tecnologia delle economie europee con effetti di upgrade tecnologico e di crescita che si diffonderebbero in tutta l’economia.