Per farsi venire una buona idea – spiega il fisico neolaureato con il premio più prestigioso – sono fondamentali il pensiero inconscio e il pensiero non verbale
PIERO BIANUCCI
Il premio Nobel è un tornado e Giorgio Parisi, Nobel per la Fisica 2021, si destreggia nel vortice con disinvoltura. Per chi lo conosce come uno scienziato schivo e tutto concentrato sulla sua ricerca, è sorprendente. Chiamato in tv da Fabio Fazio, Lilli Gruber o Giovanni Floris, contro ogni aspettativa Parisi domina il turbine della popolarità senza abbandonare il suo tono sommesso e mostra divertito la medaglia Nobel accanto a una uguale ma di cioccolata. Tra i primi effetti del tornado c’è stata la richiesta di un instant book, prontamente allestito con la collaborazione di Anna Parisi (omonima ma non parente) raccogliendo alcuni saggi divulgativi sui sistemi complessi. Il titolo, “In un volo di storni” (Rizzoli, 124 pagine, 12 euro), rimanda a una curiosa ricerca svolta ormai 15 anni fa.
Un modello di metodo
Benché non sia certo il lavoro più importante di Giorgio Parisi, quello sugli storni è esemplare perché, applicando all’etologia le rigorose misure quantitative proprie della fisica, mostra quanto sia feconda l’interazione tra discipline e “sguardi” diversi. Ma ancora più importante è la lezione di metodo e di creatività che se ne ricava, nonostante queste due parole, metodo e creatività, sembrino mal conciliabili.
Nuvole viventi
Come molti romani, Parisi aveva notato con meraviglia gli stormi formati da migliaia di storni che al tramonto si spostano come nuvole nel cielo di Roma plasmandosi continuamente in forme mutevoli e armoniose. Lo affascinava l’aspetto estetico, pur sospettando che quel comportamento ha una spiegazione darwiniana. Infatti, insegnano gli etologi, volando in quel modo gli storni si difendono dagli attacchi del falco pellegrino: il rapace non si tuffa nel fitto dello stormo, che si muove in modo elusivo come se fosse un solo gigantesco volatile, tutt’al più artiglia ai margini del gruppo uno storno che, darwinianamente, si sacrifica per il bene collettivo. Ma come fanno migliaia di uccelli a muoversi a grande velocità in modo così coordinato? C’è un “segreto” che spieghi in modo semplice quel complesso comportamento di gruppo?
Cambiamenti di stato
Per rispondere a queste domande, Parisi decise di avviare una ricerca non priva di affinità con il concetto di anisotropia e con le transizioni di fase, argomenti di cui si occupa in fisica. Il ghiaccio, per esempio, è uno stato delle molecole più ordinato dell’acqua liquida, e il vapore acqueo corrisponde a un disordine molecolare ancora maggiore. Il passaggio da uno stato all’altro avviene quasi all’improvviso scavalcando precise soglie di temperatura che dànno il via al cambiamento. A sua volta, uno stormo è un volo auto-coordinato di un grande numero di uccelli, ma mentre una singola molecola di acqua è un oggetto molto semplice, un singolo storno, come ogni essere vivente, è qualcosa di estremamente complesso in sé e nelle interazioni con i suoi simili. Motivo di più per cercare di comprendere l’ordine dinamico degli stormi di uccelli. Come si produce l’impulso a modificare la rotta e la forma dello stormo?
Un lavoro “seminal”
Ottenuto un finanziamento europeo, Parisi coinvolse dei colleghi fisici (anche il suo maestro Nicola Cabibbo), informatici ed etologi (i più riluttanti). Tradotto in pratica, lo studio degli stormi si dimostrò più difficile del previsto e durò tre anni ma sfociò in una pubblicazione che in ambito scientifico si definisce “seminal”, cioè tale da aprire nuovi filoni di ricerca.
Il lavoro sugli storni mette in evidenza i passi fondamentali di ogni ricerca scientifica. 1) La curiosità (gratuita!), porta all’osservazione di un fenomeno che talvolta è già sotto gli occhi distratti di tutti e che richiede una spiegazione: in questo caso c’è da capire quale meccanismo mantiene ordinato lo stormo evitando che si disperda caoticamente in tanti voli indipendenti di singoli uccelli.
2) Identificato il problema posto dall’osservazione, si allestiscono un gruppo di lavoro e gli strumenti per provare a risolverlo: in questo caso ricercatori di varie discipline e tecnici della fotografia muniti di camere a ripresa rapida, fino a 160 fotogrammi per secondo.
3) Si raccolgono i dati in una varietà sufficiente di situazioni e si avanzano delle ipotesi interpretative.
4) Tradotta in un modello matematico e verificata sul campo, qualche ipotesi cade subito o lungo il percorso successivo.
5) Con un pizzico di fortuna, dopo alcuni tentativi non soddisfacenti, una nuova lettura dei dati eseguita da un punto di vista alternativo risolve il problema. Nel caso specifico, il dato cruciale, più che la distanza assoluta tra gli storni, è la connessione visiva tra i volatili che consente una sorta di passa-parola: un uccello ai margini della formazione in volo, dove tra l’altro può avvistare il pericolo del falco pellegrino, accenna un piccolo cambio di direzione che rapidamente si propaga ai suoi vicini e da essi a tutto lo stormo.
Duemila citazioni
Risultato: il lavoro di Parisi sugli storni ha cambiato il paradigma in uso per lo studio non solo degli stormi di volatili ma anche dei banchi di pesci, delle mandrie di equini e bovini e dei branchi di altri animali. Più in generale, la biologia ha assunto tra i suoi strumenti le tecniche statistiche già applicate in fisica. Il successo è evidente nei duemila articoli che hanno citato questa ricerca insolita fatta all’Istituto di Fisica di Roma. Non è stato un percorso in discesa. Parecchie riviste hanno respinto l’articolo originale, pubblicato infine su “PNAS, Proceedings of the National Academy of Sciences” nel 2008.
Meccanismi creativi
Nel capitolo breve ma denso “Come nascono le idee” Parisi approfondisce i meccanismi della creatività scientifica già ben riconoscibili nel lavoro sugli storni. I matematici Poincaré e Hadamard sono stati pionieri in questo genere di analisi. Le fasi fondamentali sono l’incubazione parzialmente inconscia seguita da una illuminazione talvolta non immediatamente correlata al problema e infine l’elaborazione tecnica della soluzione. In una conferenza del 2015 per GiovedìScienza l’estroso matematico francese Cédric Villani, Medaglia Fields, fece una analisi simile. Questi i passaggi che elencò: documentarsi sul problema, essere motivati a risolverlo (l’”ingrediente più misterioso”), ambiente stimolante (“le idee più si condividono, più si moltiplicano”, scambi tra collaboratori (spesso lontani), vincoli severi da rispettare, saper unire lavoro grigio e ispirazione, perseveranza e fortuna, e infine mescolare insieme tutti questi ingredienti, fino all’istante magico e mai garantito dell’illuminazione.
L’illuminazione
Per Cédric Villani accadde a Princeton la mattina del 9 aprile 2009: “Hhhh… che fatica svegliarsi. Mi alzo con difficoltà. C’è una voce nella mia testa. ‘Bisogna far passare il secondo termine nell’altro membro, prendere la trasformata di Fourier e prendere l’inversa in L2’. Non è possibile! Scribacchio una frase su un pezzo di carta, grido ai bambini di vestirsi, preparo loro la colazione (…). Scribacchio e contemplo. Un attimo di riflessione. Funziona! Almeno credo… Funziona!!! Ne sono sicuro! Ma certo, era così che bisognava procedere.” Niente è più semplice di un problema quando è risolto.
Intuizione fisica e matematica
Parisi attira l’attenzione sul “ruolo preminente del pensiero inconscio” e sul pensiero non verbale, due fattori importanti nel processo di incubazione del problema da risolvere. La nostra impressione è che si possa pensare solo attraverso le parole, ma non è del tutto vero, osserva Parisi, perché quando “cominciamo a pensare o a dire una frase dobbiamo sapere dove andremo a parare (…) Se è così tutta la frase deve essere presente nella nostra mente in forma non verbale prima di essere espressa in parole”. Purtroppo è difficile capire la logica del pensiero non verbale proprio perché è pre-verbale e in gran parte inconscio. “Tuttavia – conclude Parisi – il pensiero inconscio è cruciale per formulare idee nuove: non solo viene utilizzato durante il lungo periodo di incubazione di cui parlavano Poincaré e Hadamard, ma è anche alla base del fenomeno più generale dell’intuizione matematica.” Che è diversa, precisa poi Parisi, dall’intuizione fisica.
A margine, osservo che un fisico teorico, qual è Parisi, deve averle entrambe. Ricordo che Tullio Regge una volta mi disse che gli era molto utile pensare alla fisica discutendo con un matematico più bravo di lui ma non troppo, altrimenti il dislivello di competenza matematica avrebbe bloccato l’elaborazione del problema.