Ricercatore, maestro e divulgatore: i tanti volti di uno studioso che è un paladino del ruolo della scienza
«Quella sera si chiudeva definitivamente un periodo, brevissimo, della storia della cultura in Italia che avrebbe potuto estendersi e svilupparsi e forse avere un’influenza più ampia sull’ambiente universitario e, con il passare degli anni, magari anche sull’intero paese». Le parole di Edoardo Amaldi ricordano la sera del 6 dicembre 1938, quando alla stazione Termini salutò Enrico Fermi che partiva per Stoccolma, dove pochi giorni dopo avrebbe ricevuto il premio Nobel. Un congedo triste, perché entrambi sapevano che Fermi stesso e la moglie Laura Capon, ebrea, non sarebbero più tornati nell’Italia fascista e che la fantastica esperienza dei ragazzi di Via Panisperna era giunta purtroppo al capolinea.
Per una bizzarra coincidenza del destino è di nuovo un 6 dicembre, e proprio a poche centinaia di metri dalla Stazione Termini, a fare la storia della fisica italiana. Lunedì 6 dicembre a Giorgio Parisi è stato infatti conferito il premio Nobel per la fisica 2021. Una cerimonia che nella sua anomalia – quest’anno sono gli ambasciatori di Svezia a consegnare i premi nei Paesi di origine dei vincitori – ha però il pregio di gettare un ponte ideale che unisce i due eminenti fisici italiani. Giorgio Parisi è il sesto scienziato italiano a vincere il premio Nobel per la fisica, che condivide con Manabe e Hasselmann e che riconosce i loro straordinari contributi alla comprensione dei sistemi complessi, che hanno avuto applicazioni in particolare nel campo della climatologia. È stato lo stesso Parisi, nel breve discorso che ha seguito la consegna, a ringraziare l’Accademia delle Scienze svedese per il premio, ma anche per «avermi messo in una compagnia prestigiosissima quest’anno, con due grandissimi scienziati, fisici e climatologi, che hanno per primi messo sull’avviso l’umanità del grande pericolo che correva sul cambiamento climatico in maniera scientifica e rigorosa».
Fatto raro in un’epoca dove l’approccio alle scienze è sempre più settoriale, Parisi ha dato contributi di grandissimo valore in molti campi della fisica, dalle particelle fondamentali alla meccanica statistica, grazie anche al suo maestro Nicola Cabibbo, che ha voluto affettuosamente ricordare durante la cerimonia. È lui stesso – in un suo libro da poco uscito per Rizzoli – a raccontare come a 25 anni si sia fatto scappare il premio Nobel per non aver perseguito un’intuizione con sufficiente determinazione.
Parisi ha saputo inoltre a declinare ai massimi livelli i tre impegni fondamentali di un professore universitario: un’attività di ricerca di punta – nel suo caso addirittura da Nobel! – ma anche un impegno appassionato nell’insegnamento e nel dialogo con la società. E non è quindi un caso che proprio pochi giorni fa, nella lectio magistralis tenuta in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico alla Sapienza – l’ateneo dove è stato per molti anni professore e dove, come ha ricordato durante la premiazione, ha trovato maestri e collaboratori di grande valore – abbia speso parole forti e preoccupate in difesa del ruolo centrale della cultura e della scienza.
Oggi naturalmente la situazione è ben diversa da quella di 83 anni fa. Il fascismo è stato sconfitto e l’Italia è un Paese libero. Eppure situazioni diverse gettano ombre sul futuro. Come ricorda Parisi «stiamo entrando in un periodo di pessimismo sul futuro che ha la sua origine da crisi di varia natura: crisi economica, riscaldamento globale, esaurimento delle risorse, inquinamento. In molti Paesi si aggiungono l’aumento delle diseguaglianze, il precariato, la disoccupazione, le guerre». Un fardello pesante soprattutto per le generazioni più giovani, che la scienza può alleggerire. Una responsabilità per gli scienziati, prosegue il premio Nobel, che non devono limitarsi alla semplice comprensione dei fenomeni, ma essere protagonisti coscienti di questi processi e attenti comunicatori e promotori di una cultura basata sui fatti. E un dovere ineludibile delle istituzioni, in particolare in Italia dove la frazione del Pil investita in ricerca è assai inferiore a quella di altri grandi Paesi e osserviamo – ammonisce Parisi – il lento e costante decadere della scuola pubblica e di tutte le attività culturali italiane e rischiamo di perdere la nostra capacità di trasmettere la cultura alle nuove generazioni.
Oggi celebriamo un grande fisico. Facciamo in modo che questo Nobel diventi anche il seme per un nuovo e più forte impegno del nostro Paese nella scienza e nell’istruzione.