Giorgio Parisi riceve il premio Nobel a Roma: “Sono un fisico fortunato”

di Elena Dusi

La cerimonia si è tenuta nella ‘sua’ università, la Sapienza di Roma, anziché a Stoccolma, causa Covid. Lo scienziato, circondato da familiari, amici, colleghi di una vita e studenti, ha dedicato il riconoscimento al suo maestro Nicola Cabibbo

ROMA – Niente ballo con i reali di Svezia per Giorgio Parisi. Per colpa del Covid il Nobel gli è stato conferito stasera in una cerimonia nell’università della sua vita, la Sapienza di Roma, anziché a Stoccolma. “Sono un fisico fortunato” ha detto lui stesso nel suo discorso. A festeggiarlo nell’aula magna c’era il vagito del nipotino Teo, 20 giorni, con l’applauso della suocera di 102 anni, la moglie e i due figli raggianti di felicità, che descrivono così – “Tanta gioia, ma quanta fatica” – i due mesi dall’annuncio della vittoria del Nobel per la fisica, il 5 ottobre.

“Dedico questo premio al mio maestro Nicola Cabibbo” ha detto Parisi. Il mancato Nobel a Cabibbo fu descritto da alcuni colleghi come un’ingiustizia. “Spero che questa medaglia sia utile anche all’Italia per sottolineare l’importanza della scienza nel nostro Paese”. Parisi ha anche salutato i suoi “compagni di Nobel”, due climatologi “che ci hanno avvertito della strada pericolosa su cui ci stiamo incamminando”.

Nell’aula magna del rettorato anche gli amici e i colleghi di una vita scientifica iniziata proprio fra queste aule. E un applauso che non finiva mai, caldissimo, con gli urli dei suoi studenti, i ragazzi che dopo l’annuncio del Nobel, il 5 ottobre, gli hanno dedicato lo striscione “It’s coming Rome” fuori dal portone di Fisica.

Solo ultimamente Parisi, 73 anni, quindi ufficialmente in pensione dal suo ruolo di professore, si è fatto vedere di meno e ha risposto alle mail con minor frequenza, travolto da quel premio che molti vincitori del passato hanno descritto come “un uragano” che cambia per sempre la vita. Così è stato per Parisi, il Nobel generoso che non si nega agli inviti o alle semplici strette di mano, incluse quelle dei “compagni di iniezione” che lo hanno riconosciuto quando, qualche giorno fa, ha fatto la terza dose.